lunedì 31 marzo 2014

Che cos'è l'assertività?



Gli studi sul concetto di assertività si sono inizialmente sviluppati (a partire dalla fine degli anni '40 del secolo scorso) negli Stati Uniti e più in generale nei paesi anglosassoni, ovvero in contesti culturali contraddistinti dal pragmatismo e dall'orientamento al risultato; in Italia, paese dalle radici umanistiche e di ben diversa tradizione, il tema ha incontrato una certa resistenza per diverso tempo e soltanto negli ultimi anni ha iniziato ad essere investito d'interesse, trovando poi peraltro largo utilizzo in particolare nell'ambito della formazione aziendale e della comunicazione.

Esaminiamo le possibili definizioni del termine "assertività":



Quali sono le differenze tra un soggetto assertivo ed uno che non lo è? Cominciamo con l'imparare a conoscere e... riconoscere i diversi stili comunicativi utilizzati dalle persone:


-Stile/atteggiamento aggressivo

Non modifica le sue opinioni

Non ascolta gli altri, anzi li interrompe spesso mentre parlano

Non chiede "scusa" se commette un errore e non ammette la possibilità di essere nel torto

Vuole che gli altri si comportino come lui desidera

Pensa che gli altri siano meno capaci/efficienti ed abbiano bisogno di forti sollecitazioni

Giudica gli altri e li critica

Colpevolizza ed inferiorizza gli altri


-Stile/atteggiamento passivo

Ha difficoltà a fare e rifiutare richieste

Dipende dal giudizio altrui

Teme spesso di sbagliare, non si sente all'altezza

Si sacrifica più di quanto gli viene richiesto e non si sente gratificato

Ritiene che gli altri siano migliori di lui

Si sente in colpa se occasionalmente reagisce in modo aggressivo con qualcuno

Si sente a disagio con le persone che non conosce bene


-Stile/atteggiamento assertivo

E' capace di comunicare le proprie emozioni e i propri stati d'animo

Non si lascia manipolare dagli altri

Non giudica e non inferiorizza

Ascolta gli altri, ma sa dire di no e assumersi la responsabilità delle sue decisioni

Ricerca la collaborazione altrui

Riconosce i propri errori ed è disponibile a cambiare opinione

lunedì 3 marzo 2014

Parliamo di tradimento



Perché si tradisce? Esistono diversi tipi di tradimento? Come reagiamo di solito e come possiamo comportarci, quando ci ritroviamo coinvolti in una situazione come questa? Proviamo ad esaminare, una per volta, le questioni che ci poniamo più di frequente rispetto al tema dell'infedeltà.

-Perché alcune persone sembrano particolarmente "portate" a tradire ed altre no?
Esistono in effetti dei veri e propri traditori "seriali": generalmente si tratta di persone caratterizzate da un'insicurezza di fondo, che cercano nella conquista principalmente la conferma della propria capacità di attrarre, o della propria virilità/femminilità. Questi soggetti tendono a ripetere ogni volta lo stesso copione, ricercando spesso un partner che appartiene ad una "tipologia" abbastanza precisa (possiamo ritrovare alcune caratteristiche che sono sempre presenti) e sul quale in realtà non investono dal punto di vista affettivo, ma che utilizzano come fosse uno specchio in grado di rinforzare un'immagine positiva di sé. Sovente queste relazioni sono vissute con un senso di noia  e distacco, ma esaurita una se ne inaugura poi un'altra, che segue più o meno sempre lo stesso iter, senza uscire dallo schema.

-Cosa c'è alla base del tradimento?
Senza voler ricadere in generalizzazioni eccessive (certi fenomeni sono significativi dal punto di vista statistico, ma ciò non vuol dire che riguardino al 100% una determinata categoria di persone), possiamo affermare che nella gran maggioranza dei casi, quando parliamo di individui di genere maschile, amore e desiderio tendono a viaggiare su percorsi distinti, motivo per cui diventa possibile -senza che ciò sia sempre facile- portare avanti parallelamente il rapporto con la moglie/la compagna (amore) e quello con l'amante (desiderio). Le donne, al contrario, sono più portate a fondere i due aspetti, e dunque ad iniziare un nuovo rapporto perché si sentono innamorate: per questo, più di frequente rispetto agli uomini, hanno difficoltà a vivere relazioni parallele, e di solito portano rapidamente al punto di rottura il matrimonio/fidanzamento prima di investire stabilmente e completamente nella nuova relazione.


Se poi è vero un po' per tutti che, spesso, il tradimento rappresenta un modo per ricercare gratificazioni che il rapporto di coppia non dà più (a livello erotico, di complicità e affinità, di interessi e obiettivi), esistono altre differenze tra uomini e donne: i primi in genere hanno una maggiore tendenza a portare avanti relazioni parallele anche perché, provvedendo alle esigenze della famiglia/della compagna "ufficiale", riescono a mantenere una buona immagine di sé  come buoni mariti/padri, ecc., e questo "adempimento del dovere" conserva l'equilibrio (sull'altro piatto della bilancia c'è il senso di colpa per il tradimento, per il patto infranto, ma anche per ciò che si percepisce di "togliere" prendendosi un proprio spazio). Alcuni uomini, tra l'altro, pur amando molto la propria moglie/compagna sono spaventati dall'intensità del sentimento perché hanno la convinzione di fondo che questo possa renderli vulnerabili: il tradimento diventa, per questi soggetti, un modo per mantenere una "distanza di sicurezza" e mettersi al riparo rispetto a possibili sofferenze.

Un fattore che più spesso ritroviamo, invece, alla base dell'infedeltà vissuta dalle donne (anche se, come sopra, non possiamo fare distinzioni troppo nette) è la tendenza a ricercare un partner non tanto -come, idealmente, dovrebbe essere- perché lo si ritenga una persona interessante di per sé, o perché si percepisca che possa aggiungere qualcosa alla propria vita, ma perché nell'altro si cerca chi possa colmare un vuoto che si ha dentro di sé, ovvero chi possa fornire una compensazione per ciò che generalmente è mancato nei primi anni della propria vita (sicurezza, senso di protezione, comprensione, tenerezza, ecc.) e di cui si sente ancora la carenza.

-Ma cosa significa, realmente, "tradire"? Quando si tradisce?
Nulla è più soggettivo dello stabilire dove inizi il tradimento, se con il desiderare un'altra persona soltanto a livello mentale o con il vero e proprio passaggio "all'azione". In realtà molto spesso il metro è fissato, in questo caso, dal livello di sofferenza del partner che subisce l'infedeltà: il dolore per un tradimento anche solo "pensato" può essere enorme, ed anche in questo caso vi è una notevole differenza tra uomini e donne. I primi tendono a patire in particolare (a considerare un "vero" tradimento) l'infedeltà agita, mentre le donne attribuiscono maggiore importanza al desiderio vissuto anche solo in fantasia.

Un altro elemento decisivo è la fedeltà... verso se stessi ed il proprio concetto di libertà: ci sono casi, infatti, in cui il rimanere nella coppia è una scelta che corrisponde effettivamente alla propria visione dell'amore e del rapporto di coppia; in altri casi, ci si autoimpone la fedeltà a dispetto delle proprie inclinazioni, per soddisfare le aspettative degli altri, per coerenza con il percorso intrapreso fino a quel momento, per... evitare i rischi che potrebbero derivare dalla scoperta del tradimento e dalla perdita dei propri punti di riferimento. In questo senso, possiamo dire che chi rimane legato al partner in modo forzato, anche senza tradirlo, tradisce di fatto se stesso.


 -Cosa fare quando c'è un tradimento?
A volte l'infedeltà può essere il tentativo estremo di uscire da una situazione di stallo, da un rapporto insoddisfacente, un modo per portare alla luce ciò che non si riesce a risolvere. Chi tradisce, peraltro, spesso avverte fortemente il senso di colpa e (come se desiderasse in qualche modo essere punito) si fa facilmente scoprire, lasciando che il partner intercetti messaggi sul telefonino, fotografie, ricevute ed altro ancora. La persona tradita può reagire in vari modi, a volte tentando di vendicarsi, restituendo come si dice "pan per focaccia" (soluzione che in genere aumenta il senso d'amarezza e non sana la ferita subita dall'autostima) oppure deprimendosi e chiudendosi. Queste due possibilità aprono entrambe scenari negativi, ma danno quantomeno modo di manifestare il proprio dolore; estremamente deleterio è invece il "far finta di niente", il fingere che nulla sia accaduto e passare il fatto sotto silenzio, ancor di più se consideriamo che la via più costruttiva per la coppia è il saper prendere atto che il tradimento segna un momento di crisi, il quale può essere colto positivamente per rivedere le aspettative che si hanno verso il partner ed il rapporto, per stabilire nuovi confini, imparare ad incontrarsi su piani diversi.

Questo richiede naturalmente un lavoro molto intenso e faticoso, che può essere intrapreso a condizione che l'altra persona sia sempre quella che si vuole al proprio fianco, e che ci si renda disponibili a modificare qualcosa nel proprio modo di rapportarsi ad una relazione che di fatto si è già modificata rispetto a quando è iniziata. L'esito di questo percorso dipende in effetti da quanto i partners siano disposti a mettersi in discussione, da quanto siano in grado di comprendere le criticità del rapporto e spendere energie nel cambiamento, da quanto desiderino ancora condividere lo stesso progetto di vita.



A volte infatti si arriva a capire di aver scelto già da tempo percorsi diversi, e allora la rottura del rapporto può rappresentare, alla fine, la scelta più matura e positiva per entrambi; in altre situazioni, si tratta soprattutto di riaprire un canale di comunicazione e chiarire che le difficoltà del momento (lavoro, figli, malattie, ecc.), che pure creano una distanza difficile da ridurre, un "vuoto" nella coppia (proprio il vuoto che, nella fase più critica, viene colmato con un'altra relazione), non sono necessariamente da interpretare come il segno che il sentimento sia diminuito, ma come una sfida ad aprirsi ancora di più all'altro e condividere nuovi spazi, per crescere ulteriormente e maturare insieme.